Personaggi illustri
Il borgo di Ponti nel periodo medievale è caratterizzato dalla dominazione dei Marchesi Del Carretto, successivamente affiancati dai Conti Guerrieri, nobile famiglia mantovana che aveva acquistato alcune terre in questo paese. Testimonianza della famiglia dei Del Carretto sono le pietre raffiguranti lo stemma gentilizio sui muri di molte case ed i ruderi del castello ove dimorarono, situato sulla collina che domina Ponti.
Nei pressi del castello si ergono il campanile dell’antica parrocchia (sec. X-XI) ed un vecchio torrione difensivo denominato “la battagliera”, complesso tutt’ora in fase di restauro.
La famiglia dei Del Carretto, a partire da Bonifacio nipote del grande Ottone, figlio di Enrico Guercio marchese di Savona e signore dei domini carretteschi posti fra la valle Uzzone e la Val Bormida di Spigno, era particolarmente nota per la sua ospitalità e cortesia; celeberrimi trovatori come Bernart de Bondelhs (seconda metà del XIII sec.) o Rambaldo di Vaqueiras (inizio del XIII sec.) ne esaltavano tale virtù al punto di convergere nel borgo carrettesco molti altri trovatori di minor risonanza.
Il Marchesato di Aleramo era costituito dal paese compreso fra l'Orba e il Po,la Provenza e il mare, e abbracciava perciò anche la nostra terra. Sull'investitura di Aleramo, imparentato con Ottone I di Sassonia, per il quale egli combatté valorosamente nella guerra contro Brescia, si esercitò la leggenda più che la storia, ma è provata da documenti la sua investitura da parte del Re Ugo di Frovenza e di Lotario. Sotto il dominio aleramico, regnando la casa di Sassonia, con cui si inaugurò il secondo impero, non si registrarono nel settentrione d'Italia e quindi anche nella nostra valle, gravi scosse, ma non altrettanto avvenne sotto la casa di Franconia, in cui imperversarono le lotte per le investiture. Per quel che riguarda noi in questa congiuntura i Vescovi di Acqui erano per l'imperatore ed i marchesi del Monferrato e i Del Carretto pure. Erano i Del Carretto, ai quali la nostra terra fu legata per lunghissimo tempo, una nobile famiglia della marca aleramica, alla quale il nome derivò da un castello posseduto a Cairo Montenotte. Essa discendeva da Enrico il Guercio, Ottone, di parte ghibellina che parteggiò, nella lotta dei Comuni contro l'Impero, per l'imperatore di casa sveva: Federico Barbarossa, e partecipò, acquistando grandissima fama e autorità, come plenipotenziario alla firma della pace di Costanza(1183), nella quale,dopo tante stragi e distruzioni di città italiane, si riconobbero l'autorità dell'imperatore e insieme le libertà comunali.
Un figlio di Enrico il Guercio, Ottone, ebbe il marchesato di Savona, che comprendeva anche il territorio di Ponti. Savona si eresse presto a libero comune, ma Ottone e i suoi discendenti conservarono a lungo questo loro dominio. Un secondo figlio, Enrico II, ebbe il marchesato di Noli e Finale e fondò un piccolo stato, che durò più di tre secoli, sempre in lotta con la guelfa Genova, di cui per qualche tempo fu feudatario, turbato spesso da discordie interne, per effetto delle quali i Del Carretto furono cacciati, perdendo così il marchesato, che fu riconquistato e poi rivenduto da uno di essi, verso la fine del l5OO, alla Spagna, con estinzione del ramo principale della famiglia. Diversamente, invece, come si disse, andarono le cose per i marchesi di Savona, la cui condotta si ispirò a principi di moderazione e di saggezza, fu immune da fanatici eccessi e da ambizioni personali, si svolse nel rispetto degli universali istituti della Chiesa e dell'Impero, ma specialmente nell'amore dell'Italia e del popolo, a cui riconobbero costantemente la prima e naturale investitura, la cui sollecitudine fu sempre diretta a salvare l'onore e il nome della casata e insieme a tutelare la vita e il benessere della loro gente e della loro terra. Fedeli a queste direttive, derivanti da un'onesta natura e da un'acuta intuizione e interpretazione della realtà storica e politica, quale si presentava di volta in volta attraverso il succedersi degli avvenimenti, essi seppero adeguarsi ai tempi, tanto che vivono tuttora, nel buon ricordo e nella stima, all'ombra dei ruderi dei loro castelli, i cui frammenti sono gelosamente cercati e custoditi, più che dalla sovrintendenza dei monumenti nazionali, dagli orgogliosi valligiani della Valle Bormida, i quali li sottraggono all'incuria e all'ingiuria del tempo e li incastonano come reliquie di un passato illustre e favoloso, nelle loro nuove costruzioni, che sembrano trarre da esse vigore e distinzione. In un documento del ll82 si legge che Enrico, marchese di Savona, e Otto e Enrico suoi figli, promettono alleanza a Genova (guelfa!) con abitazione in quella città, prestazione del loro esercito. I genovesi promettono a loro volta ai Del Carretto di conservar loro i possessi della marca di Savona, mentre reciprocamente Genova e i Del Carretto si giurano fedeltà e si impegnano a non costruire castelli nel territorio dell'altra parte, ma ad ostacolare e distruggere quelli che vi fossero da altri costruiti.E' evidente che si tratta del fondatore della casata, il quale si impegna per sé e per i suoi figli, e il documento assicura che i Del Carretto (ghibellino!), improntava la sua condotta a una certa concretezza e liberalità, svincolato, per amore della sua terra e per fedeltà alla sua missione di condottiero, da ogni pregiudizio e da ogni soggezione, intento ad unire piuttosto che a dividere gli istituti e i cittadini d'Italia, anticipando l'interpretazione dello spirito della pace di Costanza e l'alto insegnamento politico religioso, di cui si fece poi banditore Dante Alighieri.
Vincenzo De Bartolomaeis nei suoi volumi intorno alla lirica trovadorica provenzale ci dà modo di conoscere in qual conto fossero tenuti i marchesi di Monferrato in genere e i marchesi Del Carretto in particolare dai principali uomini del tempo. Questi si diffondono, nei loro carmi, in lodi aperte e sincere per la loro generosità e liberalità (un "Guglielmo marchese", cioè Guglielmo VII, detto Spadalunga, è anche ricordato da Dante fra i principi degni di memoria e di stima in Purgatorio VII, vv.133 e segg.), specialmente per quell'Ottone Del Carretto, figlio di Enrico il Guercio, ricordato nel documento citato. In un documento del 1200 si legge che il comune di Asti ("...fiero dell'ira di Federigo") investì il marchese Ottone Del Carretto per mezzo del Podestà Enrico Zazio, di tutti i territori (e fra gli altri Ponti) che quello aveva venduto in Casto, in Curtemilia, in Bosea, in Turre Burmiae, in Bergolio, in Turre De Anzone, in Cagna,in Urzariolo, in Castelletto, in Perletto, Ulmo, Rocca Verana, Denice, Monte Bandone, Ponte, Guirno, Vecimo, Pezolio, Salegio, Loesia "et tota terra, quam de otto yendiderat et itinera, succursus et cavalcatas totius praedictae terrae...et fidelitates hominum in hei habitantium".Da un documento del 1214 si apprende che il Marchese Oddone Del Carretto (sempre lo stesso), col figlio Ugone fa donazione (cedit et transfert) alla città di Genova dei possessi di Cairo e Dego, Carretto, Vignarolio, Carcare, Ronchi, De Mallo, Buzili, castrum "quod vocatur Deus" ecc. , e in un altro dello stesso anno si legge che Genova concede investitura a Ottone Del Carretto di tutto quanto sopra, e l'atto è stipulato in castro Carii. In un documento del 1233 si legge che lo stesso Ottone I Del Carretto, conoscendo la debolezza e povertà del popolo di Cairo, volente e consenziente il nipote Oddone (II) di Montebaudono, fa donazione al popolo di ogni frutto (malatota), che suol prendere da esso: e in un altro del 1252 si tratta dell'investitura, concessa dalla Repubblica di Asti, al marchese Giacomo Del Carretto di tutto il feudo che tiene nella repubblica astense (Novelli, Mondovì, Lequi, Saliceti). In un documento del 1276 si tratta della divisione tra i fratelli Corrado, Enrico e Antonio Del Carretto delle terre di Crucisferrae, Millesimo e Carcare, e in un altro dello stesso anno è contenuto il patto di alleanza offensiva e difensiva fra Enrico (III) Del Carretto ed Asti. In un "testamentum Bonifacii Marchionis de Carretto" del 1285, si legge, fra l'altro, che il marchese lascia per messe e un monumento e vuol essere seppellito a destra della "porta magna" della chiesa di Ponti, aggiungendo che se a Dio piacesse che egli muoia lontano da "Ponto, apportetur Pontum" per esservi sepolto, e dona ai poveri 60 libre astensi.
In un documento del 1340, "actum in Ponto, id est in castro eius loci", si legge che un "Ottobonus de Carreo, electus canonice in episcopum aquensem" diede per un decennio alcuni beni spettanti alla chiesa di Acqui ad Oddone dei Marchesi di Ponzone, mentre in un'altra carta dello stesso anno troviamo nominati alcuni fratelli Marchiones de carretto, sive de Ponte: Bonifacio del Carretto, scomunicato come "assecla marchionis Montisferrati" e nipote del vescovo Ottobonus e Pachino del Carrretto de Ponte". Da un documento del 1347 risulta che Genova investì Enrico Del Carretto, marchese di Savona, della terra di Spigno, e da uno del 1367 risulta che un Jacopo del Carretto concedette il castello aleramico di Montechiaro a Giorgio degli Asinari, presenti i marchesi Del Carretto di Savona e di Ponti.
Allegati
- Per Saperne di Più[.pdf 127,88 Kb - 27/02/2019]